Fare i genitori non è mai un fatto puramente biologico. Lo si diventa lentamente, passo dopo passo, attraverso notti insonni, domande senza risposte, abbracci che leniscono e momenti di fatica che sembrano troppo grandi. È un mestiere senza prove generali, che ti chiama in causa completamente, con tutto ciò che sei stato, ciò che sei e anche ciò che avresti voluto essere.
Lo si dice spesso, quasi come un mantra: “Fare i genitori è il mestiere più difficile del mondo.” Eppure, dietro questa frase abusata, c’è una grande verità. Perché crescere un figlio non significa solo prendersi cura del suo corpo, portarlo a scuola o accompagnarlo dal pediatra. Significa anche – e soprattutto – guardarlo mentre cresce e imparare a stare accanto ai suoi cambiamenti, ai suoi bisogni, ai suoi silenzi, senza perdere sé stessi lungo il percorso.
Molti genitori arrivano in studio con questa sensazione addosso: di star “sbagliando tutto”, di non essere “abbastanza”, di non saper leggere i segnali del proprio bambino. Spesso si presentano stanchi, a volte frustrati, o pieni di sensi di colpa. È allora che il lavoro di uno psicologo esperto in parenting può davvero fare la differenza.
Penso, ad esempio, a Serena, mamma di due gemelli che a tre anni sembravano un piccolo uragano quotidiano. Si sentiva costantemente sopraffatta: pianti, capricci, litigi continui tra i due. Le sembrava di non riuscire mai a trovare il modo giusto per tranquillizzarli. Durante il nostro percorso insieme, Serena ha iniziato a comprendere che dietro quei comportamenti c’era un forte bisogno di attenzione e di contenimento. Insieme, abbiamo strutturato delle routine più prevedibili, introdotto piccoli rituali rassicuranti, e soprattutto Serena ha imparato a guardare i suoi figli con occhi nuovi, meno giudicanti e più curiosi. Il clima in casa è cambiato: non perfetto, ma più respirabile.
Anche Marco, padre single di un ragazzino di 11 anni, era preoccupato per il silenzio improvviso del figlio. Si era chiuso in se stesso, non parlava più come prima, sembrava distante. Marco all’inizio aveva reagito con rigidità: credeva fosse una forma di ribellione, un modo per attirare l’attenzione. Ma lavorando insieme, ha scoperto che quel silenzio era in realtà un grido muto, il bisogno profondo di essere cercato, visto. Ha cominciato a proporre momenti insieme, senza forzature, anche solo una passeggiata o una chiacchiera prima di dormire. E lentamente, il figlio ha ricominciato a parlare.
Poi c’è Elisa, madre di una ragazza adolescente, che si sentiva in colpa ogni volta che le metteva un limite. Ogni conflitto con la figlia le riattivava una vecchia ferita: da bambina, infatti, aveva vissuto in una famiglia molto rigida, in cui ogni forma di opposizione veniva subito zittita. Durante il percorso, Elisa ha riconosciuto questo schema e ha cominciato a differenziare la propria storia da quella della figlia. È diventata più presente, più coerente, e ha trovato la forza di dire “no” senza sentirsi una cattiva madre.
Essere genitori, in fondo, significa anche imparare a riconoscere i propri limiti, i propri bisogni, e magari rivedere il modo in cui si è stati figli. Significa scoprire che, dietro a tanti “capricci”, ci sono bisogni non ancora espressi. E che la vera forza non sta nel fare sempre tutto alla perfezione, ma nel fermarsi, ascoltare e – quando serve – chiedere aiuto.
Perché non si cresce mai davvero da soli. Né i bambini, né gli adulti. A volte serve una guida, uno sguardo esterno che aiuti a vedere dove si è bloccato il dialogo, dove si può ricostruire un ponte, dove si può cominciare a respirare insieme, di nuovo.
Chi riesce in questo mestiere? Non i genitori perfetti, ma quelli reali, autentici. Quelli che imparano, che cadono e si rialzano, che chiedono scusa, che cercano di capire. E che ogni giorno, anche se stanchi, anche se imperfetti, provano a esserci.
Consigli di lettura
Per chi volesse riflettere su questi temi anche attraverso la narrativa, ecco due romanzi intensi e profondi:
"Le otto montagne" di Paolo Cognetti – una storia delicata di padri e figli, di distanza e vicinanza, che racconta come a volte amare significhi anche imparare a lasciare andare.
"Una madre lo sa" di Concita De Gregorio – attraverso storie vere e toccanti, racconta la maternità nella sua forma più autentica, tra forza, vulnerabilità e trasformazione.