C'è una cosa che quasi tutti abbiamo vissuto almeno una volta nella vita: una delusione d’amore. Che sia stata una storia importante finita male, un amore non ricambiato o un tradimento, il dolore che si prova è spesso più profondo di quanto si possa spiegare a parole. Non si tratta solo di “essere tristi”: quando si spezza un legame affettivo, può succedere qualcosa anche nella nostra mente, nel modo in cui vediamo noi stessi, il mondo, il futuro.
Quando l’amore fa davvero male
La fine di una relazione può scatenare reazioni molto intense: ansia, vuoto, insonnia, mancanza di appetito, voglia di isolarsi. A volte ci si sente sbagliati, senza valore, oppure si inizia a rimuginare continuamente su cosa si sarebbe potuto fare di diverso. Non è debolezza: è umano. Il nostro cervello, quando subisce una perdita affettiva importante, attiva le stesse aree che si attivano per il dolore fisico.
La psicologia ci dice che una rottura può generare veri e propri sintomi da “lutto”. E in effetti, qualcosa è morto: un progetto, una versione di sé in coppia, un’idea di futuro. È normale sentirsi disorientati.
Anche nei romanzi succede
La letteratura — quella contemporanea, che parla il nostro stesso linguaggio — racconta benissimo cosa succede dopo una batosta sentimentale.
Nel romanzo "Chiedi alla polvere" di John Fante, anche se non recentissimo, Arturo Bandini vive un amore tossico e disperato per Camilla. Dopo l’ennesimo abbandono, scrive:
"Ero lì, da solo, con tutto l’amore che avevo da darle ancora tra le mani. E non sapevo dove metterlo."
È proprio quella sensazione: amare ancora, ma senza più un posto dove mettere quell’amore.
Più recentemente, in "Tutto chiede salvezza" di Daniele Mencarelli (da cui è stata tratta anche una serie Netflix), il protagonista Daniele, parlando di una relazione finita male, dice:
"Le parole che ci si dice quando ci si lascia non contano niente. Il dolore vero arriva dopo, quando non c’è più nessuno da incolpare."
Una frase che colpisce, perché racconta quella solitudine che spesso resta quando finisce tutto.
Anche nelle pagine di Sally Rooney, una delle autrici più amate dai giovani lettori, troviamo questo tipo di dolore. In “Persone normali”, quando Connell e Marianne si allontanano, si legge:
"Sentiva che qualcosa gli mancava, una parte che non riusciva a trovare da nessun’altra parte."
È proprio lì che molti si riconoscono: nella sensazione che nessun altro potrà colmare quel vuoto, almeno per un po’.
Quando serve chiedere aiuto
Spesso si pensa che bisogna “farcela da soli”. Ma la verità è che certe ferite, se non curate, rischiano di diventare cicatrici che fanno male a lungo. E allora può avere senso iniziare un percorso di counseling psicologico. Non perché si è deboli, ma perché si è abbastanza forti da voler tornare a stare bene.
Un percorso di counseling non è solo “parlare dei propri problemi”: è un’occasione per rimettere insieme i pezzi, per capire cosa si è perso davvero (la persona o l’idea che avevamo dell’amore?), per rimettere a fuoco i propri bisogni e desideri.
Il supporto di un professionista può aiutare a:
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elaborare la fine della relazione senza perdersi nel dolore
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riconoscere le dinamiche che ci hanno fatto male
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ritrovare fiducia in sé stessi e negli altri
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costruire una nuova idea di sé, più autentica
Una delusione d’amore fa male. A volte, tanto male. Ma può anche essere un punto di svolta. Non per diventare “più forti” nel senso banale del termine, ma per conoscersi meglio, per imparare ad amare in modo diverso, più sano, più consapevole.
E se nel frattempo serve una mano per attraversare tutto questo dolore, non c’è nulla di sbagliato nel cercarla. Perché anche i cuori spezzati, se accolti e ascoltati, possono tornare a battere — e forse, a farlo ancora meglio di prima.