Espatrio endemico


Nella stagione del silenzio

i sensi si rilasciano

e pure la città,

col suo cuore tossico,

ti sembra bella

mentre, invece,

il fuoco brucia ancora sotto polvere di cenere densa.

Miro ad attraversare indenne

tutti i capitoli di spesa

di questa mia economia triste.

Mi faccio tutte le fermate

di questa via senza crucis.

Giganteggio pure,

tra queste strade vuote,

assaporando anche l’ultima di queste mille sfumature di solitudine,

ma sulla lingua

fuggo il retrogusto amaro

di un’occasione perduta,

di un filo di sabbia

che vorrei fosse rimasto tra un dito e l’altro,

mentre, invece,

lento si deposita a terra.

Non oso, però, spazzolarlo altrove

e lascio inerme la punta della scarpa

come il sangue fermo nelle mie vene

in attesa di quell’alito di vento

che solo può far cambiare rotta

alla prua di questa mia imbarcazione incerta

quasi muta,

sul mare immobile della paura.