Sono ancora in giro
coriacea malerba
uomini in blu
dal doppiopetto tirato
piedi di creta
ed S che non escono mai dalla loro bocca
senza una C accanto.
Ci sono sempre, nei gabinetti che contano
dove io, invece, non voglio contare un cazzo
seduti sui loro troni di panna
sciorinano sete griffate
sulle loro mani di terra cruda e nera.
Dirigono
amministrano
gestiscono
presiedono
possiedono
cumannano
e sputano battute
per coprire il loro vuoto
di temi che non sanno,
di argomenti che non hanno,
di problemi che non vivono.
Presenti ovunque
freschi di sarto
spingono via il tempo del dialogo
presi come sono dai lacci di altri impegni
chiamati in un altrove incerto
desiderosi, forse,
di tornare ai loro poderi
ai loro averi
alle loro transumanse di danaro
in tempo per il caglio di stagione
o per l’oliva che implora spremitura.
Li vedo così
assicutati dai loro cani
quelli per la caccia al coniglio
o al voto
da razziare alla povera gente
comprata con un muccune di pasta
e una promessa, forse due.
Li vedo, oggi, da vicino
profumati e patinati
capelli grigi, occhiali d’oro
rigirarsi tra le dita
l’ultimo telefono in ordine di vetrina
in cerca dei tasti che non vedono più
e della loro giovinezza
manco quella presente all’appello.
Adesso non ne posso più di loro
vorrei pensare ad altro
leggere qualcosa sul futuro reale
annoiarmi un po’ all’ombra della civiltà
come i miei cugini scandinavi
non prima, però, di avergli estinto
a questi uominuzzi
il loro bene più caro
quello che per loro conta più di un testicolo
l’esercizio crudele della sopraffazione
che quando mette il vestito buono
sempre potere si è chiamato!
Monreale 16 settembre 2009