Un panino senza Europa


Mi sono sentito in trappola subito

appena dentro lo squallore,

la donna grassa alla cassa

riavviarsi i capelli di sugna,

due corridoi sterili

di mercanzie scadute,

la mia voglia di mangiare,

lo stomaco che odio

quando brontola senza il mio permesso.

Non posso tornare sui miei passi

solo io lì dentro

gli occhi puntati su di me

unico avventore di giornata

e per di più forestiero.

Il mio senso del rispetto

solo lui,

mi spinge verso il banco salumi.

Spero di non trovare,

anche lì,

desolazione e miseria

di formaggi e prosciutti,

e invece sì,

i mozziconi di quelli che un tempo

profumavano di spezie

e latticinio fresco

adesso mi guardano tristi,

avvolti nella loro stagnola datata.

Mi devo concentrare per ordinare,

per esprimere il mio desiderio

di un panino,

rassegnato a lasciarmi dietro

la mia voglia di Europa

ordinata e pulita

che caga solo Parmesan.

Poi il tizio mi sorride

dai suoi denti alterni

di dimensioni e forme diverse,

e mi offre i suoi servigi

con quelle mani appena tolte

alla pulizia dei cessi.

Fustigo e riduco al silenzio

la mia immaginazione,

la mia indignazione,

con le manette ancora ai polsi

mi avventuro su un sempre fresco

e sul crudo

l’unico a mandarmi segnali di vita.

L’uomo dal sorriso incerto

distende e arrotola

e aggiunge la provola,

quella dolce però.

Corro alla cassa,

ultima sorpresa

solo un euro il costo.

Vi amo tutti!                      

 

                                                    Palma di Montechiaro 15/05/2009