Ci sono andato per l’acqua
quella che scorre nel fiume centrale
erede gigante di quello interiore.
Cercavo l’acqua che scaccia lo scirocco
ho trovato la pompa ferita
il flusso interrotto
il letto del fiumetto arso
le foglie rinsecchite al fondo
e una pompa che non pompa
per la sabbia di deserto
pronta a romperne gli ingranaggi,
prevedibile iattura
almeno dal genio ingegneristico.
Ho sentito lamenti di guardiani
aspetto scontroso, ma solo quello,
afflitti come me
succubi dello scempio,
raccontarmi di automobili rotte
intimidazione a guardiani zelanti
che adesso preferiscono la famiglia
o semplicemente vivere
lasciando il parco,
la ringhiera lignea dirupata,
a sfiorire.
Ho visto una cancellata chiusa
e potenziali turisti, confusi,
la guida in mano,
alla ricerca di altre mete.
Il parco serrato
impedimento alla visita
ma è solo un fraintendimento.
Mi viene voglia di guidarli io
dentro quel campo di erba bella.
Se solo avessero visto due sbarre mancanti
un varco nella cancellata
ingresso dei poveri
e dei palermitani avvezzi alle scorciatoie
e ad altri modi di accedere.
Scavalco facendomi sottile
dentro cavalco il prato.
Ci trovo tre ragazzette carine
godersi mezzo sole e mezza ombra
in attesa di venire scacciate
come i picciottelli del quartiere
pronti a farsi il bagno
in quel fiume che c’era in estate,
telo mare in spalla,
e poi sulla riva di marmo a scaldarsi,
che gli pare un regalo del Sindaco
per evitargli il viaggio a Mondello.
Pago poi biglietti costosi
per quel poco che trovo dentro,
un castello oramai esangue
un paio di teche tristi
stanchi pannelli informativi.
La Zisa,
affranta nella sua bellezza
nel suo frontespizio di verde strappato,
in un singulto di intelligenza,
al cimitero di automobili,
alle baracche,
alla miseria che si ramifica
e che adesso sembra quasi chiamare,
in coro lugubre,
la massa di piccoli vandali
autorizzati a seviziarla.
Solo per il gusto.
3 maggio 2009