La storia di Angela è bellissima, anche tecnicamente, anzi forse proprio per questo. L'idea di presentare diversi narratori con relativi registri e focalizzazioni, consente di raccontare una vicenda tragica, senza scadere mai nella retorica e nel melodramma.
Prof.ssa Mariella Forte
una lettrice attenta
Un mio amico, con cui condivido la passione per narrazione, un giorno mi chiama chiedendomi se avevo nel cassetto un racconto già pronto su un tema di rilevanza sociale. Risposi che nulla con quelle caratteristiche avevo ancora mai scritto e l'idea di farlo su commissione non riusciva s stimolarmi più di tanto. la chiacchierata finì lì e del progetto di far parte di una piccola collana di un piccolo editore, che aveva intenzione di trattare tematiche sociali, non se ne fece più nulla.
Dopo alcuni mesi, però, un'idea mi venne in mente, una piccola storia dolorosa e purtroppo con elementi di verosimiglianza preoccupanti. Era il segno che quella conversazione con l'amico aveva lasciato più di un segno. Mi misi a scrivere una lettera e poi alcune pagine di un diario e poi un'altra lettera. Rileggerlo per correggerlo, come sempre avviene nei processi di riscrittura, è stato un percorso doloroso per l'enorme impatto emotivo che su di me ha prodotto questa storia. Un impatto dovuto alla conoscenza diretta che ho di alcune famiglie che vivono lo stesso identico disagio sebbene, per fortuna, con esiti meno nefasti e sconvolgenti.
Di cosa ho voluto parlare in questo libro? Dei diversi modi di reagire alle vicende amare dell'esistenza. C'è la possibilità di una fuga estrema come nel caso di Serafina, forse basata su una scelta d'amore, e poi c'è una fuga dettata dalla paura e quindi più cialtrona, come quella di Saro. Ma c'è anche, e per fortuna, una terza possibilità, quella che apprezzo maggiormente e che fa Giovannino. Una scelta accettabile ma non per questo meno dolorosa e difficile; la resilienza.
Quali sono le possibili conseguenze prodotte in una famiglia dalla nascita di un figlio autistico? In che modo i diversi componenti familiari possono reagire al dolore prodotto da questa nascita? Cosa è in grado di produrre la solitudine dentro cui queste famiglie vengono cacciate dalla società disattenta? Cosa può definire come tale un gesto d'amore? E, infine, c'è un modo per reagire al dolore prodotto dall'abbandono subito da un figlio?
Queste sono le domande essenziali alle quali Mauro Li Vigni, autore di “Sulle ali di Angela”, cerca di rispondere grazie a una scrittura dalle diverse forme, ognuna delle quali adatta a rappresentare i diversi stati d'animo dei tre protagonisti di questo racconto tanto breve quanto intenso e doloroso.
Serafina è una mamma del popolo. La sua vita “senza grammatica”, come la chiama lei stessa, la rende pronta alla maternità sin da giovane, e questo suo desiderio diventa realtà perché sostenuto da quello, identico, di Saro. Ma il destino intende sottoporli a una prova forse troppo grande per loro. La prova impossibile si chiama Angela, bambina autistica dai comportamenti difficili, ingestibili per la coppia di genitori impreparati sul piano emotivo e psicologico, e appesantiti da una situazione economica fragile, se non ai limiti della sussistenza. Abbandonati dalle istituzioni e dai familiari, anche loro incapaci di gestire un simile uragano, Fina e Saro prendono entrambi decisioni estreme, inaccettabili, fondate su un comune denominatore: l'abbandono. La fuga, per loro, si declina in forme diverse, ma pur sempre definitive. E a pagarne le conseguenze è il primogenito della coppia, Giovannino, affidato così a se stesso e alle cure di nonni inconsapevoli.
Sulle prime sembrerebbe Giovannino la vittima unica di questo dramma familiare, ma dopo un'attenta lettura del bel racconto, ci si accorge che anche Fina e Saro sono degli sconfitti, degni anche loro del nostro ascolto, del nostro rispetto. Sebbene inaccettabili siano le loro scelte, ci si ritrova comunque impegnati a comprenderle razionalmente, non certo emotivamente. Mentre è Giovannino che incarna il riscatto, è lui che con l'aiuto inaspettato del nonno, silenzioso come i veri saggi sanno essere, riesce a riprendersi la sua vita con l'intelligenza e la curiosità che lo contraddistingue sin da piccolo. Giovannino riesce a compiere così un processo di risalita dagli inferi che i suoi genitori non sono riusciti nemmeno a intravedere. Giovannino ha dato carne e sangue al concetto di resilienza, scalando i bordi di quell'abisso dentro cui Fina e Saro lo avevano ingiustamente gettato.
Il racconto di Mauro Li Vigni – edito da ASK-Y Factory Books (Francia) – usa, come si diceva, tre linguaggi diversi per raccontarci la storia di Fina e dei suoi familiari, tre lingue che ben si adattano alle tre diverse psicologie in gioco. In Fina troviamo un linguaggio per l’appunto senza grammatica, capace allo stesso modo di trasmettere intense emozioni. La sua lettera, con la quale si apre il libro, è un piccolo gioiello di stile. Saro, il fuggiasco, non ha una voce propria, come non l’hanno tutti i fuggiaschi di professione, e la sua vita dopo Angela la deduciamo da uno sguardo terzo che, per caso, incrocia la sua esistenza di uomo perennemente in fuga dal dolore. Di Giovannino, infine, apprezziamo invece la lingua colta, razionale e profonda, esito di uno studio attento che il ragazzo fa delle parole che hanno segnato la sua infanzia: è questa la lingua del riscatto e della ricostruzione.
Se volessimo ridurre forzosamente la questione trattata da “Sulle ali di Angela” ad un unico tema, si potrebbe parlare allora di un'indagine sulla solitudine che l'autore tenta di compiere offrendoci tre possibilità: soccombere, fuggire o resistere. Sono queste, in definitiva, le direttrici principali del racconto, il quale ha la capacità di colpirci in viso come uno schiaffo. È forse grazie proprio a tale forza, alla capacità del racconto di spingerci a riflettere sul tema dell'amore negato, che esso si è prestato a trasformarsi in un monologo teatrale, interpretato da Manuela Ventura per la regia di Monica Cavatoi. Le artiste hanno saputo creare, a partire dal dolore di Fina e dal suo gesto estremo, un impasto di azione e parole perfettamente congegnato, volto a emozionare lo spettatore e a farlo riflettere.
"Sulle ali di Angela" è un racconto intenso che tratta, senza fare sconti, dei temi del dolore, dell'abbandono e della solitudine nel tentativo di comprendere cosa renda tale un gesto d'amore. Dentro questo breve racconto c'è la narrazione di una sconfitta, una di quelle con le quali la vita ci impone qualche volta di fare i conti, ma dentro queste pagine toccanti c'è pure il racconto dei modi per rifarsi, per risalire la china, per riscattarsi da una vita altrimenti troppo amara. Grazie anche a una scrittura dalle diverse forme, capace di adattarsi alle tre voci del racconto, i protagonisti di questa storia ci rimangono scolpiti nella memoria offrendoci tre possibilità; soccombere, fuggire o reagire. Sono tre modi di affrontare le avversità esistenziali, tre strade possibili offerte alla nostra riflessione. Tocca a noi decidere quale imboccare.
Come conseguenza del mio impegno per la diffusione di una corretta informazioni sul disturbo autistico, ho realizzato diverse conferenze-spettacolo in giro per le scuole e le università.
Grazie a Manuela Ventura, che ha impersonato Serafina in modo magistrale e alla regia di Monica Cavatoi, la prima parte del libro si è trasformata in un monologo teatrale selezionato al Festival Kilowat di Sansepolcro 2016.